Page 66 - Il vaso di Pandora XXII n.2 2014
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di approcci operativi e di sensibilità cliniche, propongono, almeno in
molti casi, la possibilità di individuare come “invariante’’, come
“terreno comune’’, la qualità emotiva di base di profondità-ampiezza.
Varia l’espressività, non l’intrinseca, potenziale qualità.

Luci/tenebre

Ha scritto Claudio Magris (ne L’infinito viaggiare, 2005), “La scrittura
diurna cerca di capire il mondo, di rendersi ragione dei suoi fenomeni,
di collocare i singoli destini, anche dolorosi, sullo sfondo della totalità
del reale e del suo significato. È una scrittura che vuole dare senso alle
cose; collocare ogni singola esperienza, anche dolorosa, in una totalità
che la comprende e che solo per il fatto di comprenderla può
inquadrarla in un contesto più ampio”. L’altra scrittura, quella
notturna, si misura con le verità più sconvolgenti che non si osano
70 confessare apertamente, di cui forse nemmeno ci si rende conto o che
addirittura – come dice Sabato – l’autore rifiuta e trova “indegne e
detestabili”. È una scrittura che spesso stupisce lo stesso autore, perché
gli può rivelare quello che egli non sa sempre di essere e di sentire:
sentimenti o epifanie che sfuggono al controllo della coscienza e talora
vanno al di là di ciò che la coscienza consentirebbe, contraddicono le
intenzioni e i principi stessi dell’autore, immergendosi in un mondo
tenebroso; un mondo ben diverso da quello che lo scrittore ama e in
cui vorrebbe muoversi e vivere, ma nel quale capita ogni tanto di dover
discendere e di incontrare la Medusa dalla testa attorcigliata dai
serpenti, che in quel momento non si può mandare dal parrucchiere
affinché la renda più presentabile.
Non molto diversamente lo psicoanalista, che nei suoi percorsi diurni e
notturni col paziente può finire nella sterpaglia delle proprie tenebre,
negli aspetti oscuri e distruttivi della propria natura. Qualunque idea si
abbia sul controverso tema dell’istinto di morte, bisogna ammettere
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