Page 68 - Il vaso di Pandora XXII n.2 2014
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di un’attesa (“era tanto tempo che speravo che qualcuno se ne
accorgesse” oppure: “neanche io me ne stavo accorgendo e avevo
quasi perso la speranza di poterlo davvero sentire io stesso”). Altre
volte è in primo piano un vissuto di sorpresa, spiazzante ma non
minacciosa, accompagnata da un fremito nuovo nel suo essere inattesa
e vagamente promettente. L’agio e il disagio che si alternano nel
paziente (sia quando sta nel suo rifugio caratteriale, con i suoi aspetti di
abitudine, di protezione, di “freno a mano” tirato, sia quando tenta di
uscirne o quando riesce a starne un po’ fuori, col vissuto di nuova
ossigenazione e di inaspettata e incerta libertà) si accompagnano a un
travaglio elaborativo che riguarda l’analista nel suo duttile (se lo è)
impegno di contatto. I due protagonisti della scena analitica risultano
accomunati, ognuno per la sua parte, col problema dell’affrontabilità
della realtà-verità psichica e dei modi per avvicinarla. L’analista può
modulare il suo sentire e il suo dire sul senso dell’affrontabilità delle
angosce sia del paziente sia della coppia analitica. E quanto più riesce a
farlo con relativa serenità nonostante il travaglio, non smarrendo il
72 senso della complessità “tragica’’ delle cose, tanto più si preserva da un
paternalismo omissivo, talvolta un furbesco evitare o all’opposto un
aggressivo confrontarsi, che quando si presentano in modo non
occasionale alimentano la disperazione di entrambi. Credo che in
questo l’analista sia aiutato dalla sua possibilità di contemperare il
bisogno di verità con la possibilità di cogliere quanto di verità umana ci
sia nel bisogno di non verità. Quanto il rapporto tra verità e bugia sia
complesso e non riconducibile a differenziazioni stereotipate. Quanto
tutto questo valga per l’analista, per il suo passato e per il suo presente,
fuori e dentro la stanza dell’analisi. Quando riesce a essere presente
un’idea della verità nello stesso tempo robusta e mite, il desiderio di
verità è messo nella condizione di poter diventare un bisogno, persino
un anelito. E la contrapposizione tra verità e amore – talvolta e con
qualche ragione evidenziata come elemento differenziante tra diversi
approcci psicoanalitici – perde di colpo ogni consistenza. Ho un po’
paura di esagerare, ma oso spingermi a ipotizzare che questo tipo di
accorgesse” oppure: “neanche io me ne stavo accorgendo e avevo
quasi perso la speranza di poterlo davvero sentire io stesso”). Altre
volte è in primo piano un vissuto di sorpresa, spiazzante ma non
minacciosa, accompagnata da un fremito nuovo nel suo essere inattesa
e vagamente promettente. L’agio e il disagio che si alternano nel
paziente (sia quando sta nel suo rifugio caratteriale, con i suoi aspetti di
abitudine, di protezione, di “freno a mano” tirato, sia quando tenta di
uscirne o quando riesce a starne un po’ fuori, col vissuto di nuova
ossigenazione e di inaspettata e incerta libertà) si accompagnano a un
travaglio elaborativo che riguarda l’analista nel suo duttile (se lo è)
impegno di contatto. I due protagonisti della scena analitica risultano
accomunati, ognuno per la sua parte, col problema dell’affrontabilità
della realtà-verità psichica e dei modi per avvicinarla. L’analista può
modulare il suo sentire e il suo dire sul senso dell’affrontabilità delle
angosce sia del paziente sia della coppia analitica. E quanto più riesce a
farlo con relativa serenità nonostante il travaglio, non smarrendo il
72 senso della complessità “tragica’’ delle cose, tanto più si preserva da un
paternalismo omissivo, talvolta un furbesco evitare o all’opposto un
aggressivo confrontarsi, che quando si presentano in modo non
occasionale alimentano la disperazione di entrambi. Credo che in
questo l’analista sia aiutato dalla sua possibilità di contemperare il
bisogno di verità con la possibilità di cogliere quanto di verità umana ci
sia nel bisogno di non verità. Quanto il rapporto tra verità e bugia sia
complesso e non riconducibile a differenziazioni stereotipate. Quanto
tutto questo valga per l’analista, per il suo passato e per il suo presente,
fuori e dentro la stanza dell’analisi. Quando riesce a essere presente
un’idea della verità nello stesso tempo robusta e mite, il desiderio di
verità è messo nella condizione di poter diventare un bisogno, persino
un anelito. E la contrapposizione tra verità e amore – talvolta e con
qualche ragione evidenziata come elemento differenziante tra diversi
approcci psicoanalitici – perde di colpo ogni consistenza. Ho un po’
paura di esagerare, ma oso spingermi a ipotizzare che questo tipo di