Page 61 - Il vaso di Pandora XXII n.2 2014
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ere libero/riconoscere 65

Lavorando con i pazienti o nella riflessione teorica abbiamo bisogno di
affrontare – scrive Brenman (1980) – “le nostre pulsioni edipiche e
preedipiche, i desideri e le sofferenze; tutto ciò allo scopo di prevenire
l’assassinio degli oggetti passati, i contributi che hanno dato, e nello
stesso tempo di non essere limitati da restrizioni difensive, il che
costituirebbe l’assassinio di nuove conoscenze possibili. Noi speriamo
di recuperare interazioni creative e di ricreare nuovi sviluppi”.
Si può sostenere – provvisoriamente, tentativamente – che senso di
libertà e di fedeltà (termini densi di un significato non privo di
ambiguità) si possono sentire in armonia nella misura in cui si ha un
legame di dipendenza dalla propria funzione alfa, dalla propria
attitudine a sentire-pensare-trarre le conseguenze? Tenderei a
rispondere di sì, se non si affacciasse il rischio di semplificazioni “a
slogan’’, o di vellicare luoghi comuni psicoanalitici: di “ululare con i
lupi’’ (Gaburri & Ambrosiano, 2003).
Mi ha aiutato a riflettere quello che ha scritto G. Di Ceglie (2005) su
“symbolon’’ e “formazione del simbolo’’. Il symbolon, termine che in
greco significava segno di riconoscimento, era un oggetto spezzato in
due da due persone, ognuna delle quali ne teneva una metà.
Incontrandosi dopo una lunga assenza, riunivano i due pezzi come
segno di riconoscimento della loro relazione. Il symbolon – osserva Di
Ceglie – rappresenta il nostro bisogno di crescere e di separarci senza
perdere il senso di appartenenza alle proprie origini: senza il symbolon
non riusciremmo ad affrontare la separazione e senza la separazione
non riusciremmo a creare simboli.
Ferro (2010) sottolinea quanto gli esseri umani abbiano un gran
bisogno di rimanere aggrappati a qualcosa: ideologie, religioni, teorie
già note (comprese le teorie psicoanalitiche) ecc., come nel riflesso
primitivo del grasping, diventando un po’ simili a tram o filobus che
mediante la mano-troller ricevano energia dalla rete di credenze
precostituite. E aggiunge che il linguaggio rispecchia la natura
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