Page 60 - Il vaso di Pandora XXII n.2 2014
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Spes contra spem/lutto
Mantenere il limite/gettare il cuore oltre l’ostacolo
Buon senso/al di là del buonsenso
Avere struttura/lasciarsi andare
C’è una speranza che l’analista prova, o faticosamente recupera, anche
se apparentemente sembra non esserci speranza (spes contra spem,
dicevano gli antichi), anche se il paziente è disperato e proietta
disperazione. C’è, d’altro canto il lutto rispetto a obbiettivi che non
possono essere raggiunti, il riconoscimento del limite che la coppia non
può superare, senza che questo diventi la pretesa onnisciente di una
sentenza assoluta di prognosi sfavorevole. È in ballo la generosità
dell’analista, in particolare la peculiare natura della sua generosità. Un
aspetto importante dell’atteggiamento materno dell’analista, forse non
sempre riconosciuto, credo stia proprio nella generosità, nella sua
genuina generosità. Che si può rintracciare anche nel vincere ritrosie,
nel gettare il cuore oltre l’ostacolo, nello svincolarsi da impacci
64 costrittivi mantenendo il senso del limite. È in questa linea anche
l’andare oltre il ‘‘buon senso’’ senza che risulti smarrito il sostegno
interno di una certa saggezza di fondo (il buonsenso è la tomba della
psicoanalisi, ma un analista privo di buon senso dove può portare?).
Nei momenti di funzionamento felice, l’analista sente che si
abbandona, si lascia andare, che è vicino ed errabondo insieme e che
nello stesso tempo è protetto – gradevolmente pur nell’inquietudine –
da una sua buona struttura interna. Col tempo, ha imparato a
distinguerla da quell’altra struttura, sempre disponibile, che è piuttosto
una sovrastruttura, un’organizzazione difensiva funzionante,
variamente espressa o camuffata da qualche ideologia psicoanalitica
che si impegna a legittimarla e blindarla.
Mantenere il limite/gettare il cuore oltre l’ostacolo
Buon senso/al di là del buonsenso
Avere struttura/lasciarsi andare
C’è una speranza che l’analista prova, o faticosamente recupera, anche
se apparentemente sembra non esserci speranza (spes contra spem,
dicevano gli antichi), anche se il paziente è disperato e proietta
disperazione. C’è, d’altro canto il lutto rispetto a obbiettivi che non
possono essere raggiunti, il riconoscimento del limite che la coppia non
può superare, senza che questo diventi la pretesa onnisciente di una
sentenza assoluta di prognosi sfavorevole. È in ballo la generosità
dell’analista, in particolare la peculiare natura della sua generosità. Un
aspetto importante dell’atteggiamento materno dell’analista, forse non
sempre riconosciuto, credo stia proprio nella generosità, nella sua
genuina generosità. Che si può rintracciare anche nel vincere ritrosie,
nel gettare il cuore oltre l’ostacolo, nello svincolarsi da impacci
64 costrittivi mantenendo il senso del limite. È in questa linea anche
l’andare oltre il ‘‘buon senso’’ senza che risulti smarrito il sostegno
interno di una certa saggezza di fondo (il buonsenso è la tomba della
psicoanalisi, ma un analista privo di buon senso dove può portare?).
Nei momenti di funzionamento felice, l’analista sente che si
abbandona, si lascia andare, che è vicino ed errabondo insieme e che
nello stesso tempo è protetto – gradevolmente pur nell’inquietudine –
da una sua buona struttura interna. Col tempo, ha imparato a
distinguerla da quell’altra struttura, sempre disponibile, che è piuttosto
una sovrastruttura, un’organizzazione difensiva funzionante,
variamente espressa o camuffata da qualche ideologia psicoanalitica
che si impegna a legittimarla e blindarla.