Page 33 - Il vaso di Pandora XXII n.2 2014
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a stronza!”, esclama il ragazzo, allora il terapeuta può disegnare la 35
faccia di questa donna cattiva. Lo stesso paziente, se vuole,
scrive/disegna quello che gli viene in mente. Lentamente il foglio si
anima, prende forma. Lo stesso foglio ci sarà anche negli incontri
successivi, iniziando così a dare una continuità al percorso terapeutico;
esso diviene uno spazio di lavoro sul quale paziente e terapeuta
operano insieme. Nell’arco degli incontri è anche possibile fare delle
scoperte, ad esempio potremmo trovarci a dire: “Mah guarda, ti ricordi
che ieri avevamo segnato questa cosa? Forse sono collegate…” e
tiriamo una linea che collega le due cose. Questo trasmette al paziente
anche l’idea di fare un lavoro creativo insieme. Quando poi il foglio è
pieno se ne prende un altro e lo si mette sopra. Il paziente potrà così
vedere anche visivamente la propria storia. È come se si creasse un
cantiere, un laboratorio un po’ caotico dove però c’è un contenimento.
Non solo scarabocchio… ovvero i “giochi della reciprocità”
Generalmente si pensa che il gioco dello scarabocchio serva ad arrivare
al nucleo inconscio problematico del paziente (Winnicott, 1968,
1971a), piccolo o grande che sia; ciò corrisponde al vero, ma non è
tutta la realtà. Lo squiggle game è uno strumento polivalente, prima di
tutto è un metodo per entrare in relazione con la persona che in quel
momento è nella stanza con noi, e per permettere lo sviluppo della
fiducia in questa relazione (terapeutica). Dopotutto, almeno all’inizio,
per il paziente (specialmente adolescente) noi siamo solo un altro
adulto; perché allora dovrebbe avere voglia di venire e raccontarci i
suoi problemi? Posto che sia consapevole di quali essi siano. Quindi,
ancor prima di lavorare sul materiale inconscio, è fondamentale che la
coppia paziente-terapeuta possa avere accesso al materiale
conscio/preconscio; quest’ultimo potrà essere portato dal paziente, e
visto col terapeuta, solo all’interno di una relazione di fiducia, che
faccia di questa donna cattiva. Lo stesso paziente, se vuole,
scrive/disegna quello che gli viene in mente. Lentamente il foglio si
anima, prende forma. Lo stesso foglio ci sarà anche negli incontri
successivi, iniziando così a dare una continuità al percorso terapeutico;
esso diviene uno spazio di lavoro sul quale paziente e terapeuta
operano insieme. Nell’arco degli incontri è anche possibile fare delle
scoperte, ad esempio potremmo trovarci a dire: “Mah guarda, ti ricordi
che ieri avevamo segnato questa cosa? Forse sono collegate…” e
tiriamo una linea che collega le due cose. Questo trasmette al paziente
anche l’idea di fare un lavoro creativo insieme. Quando poi il foglio è
pieno se ne prende un altro e lo si mette sopra. Il paziente potrà così
vedere anche visivamente la propria storia. È come se si creasse un
cantiere, un laboratorio un po’ caotico dove però c’è un contenimento.
Non solo scarabocchio… ovvero i “giochi della reciprocità”
Generalmente si pensa che il gioco dello scarabocchio serva ad arrivare
al nucleo inconscio problematico del paziente (Winnicott, 1968,
1971a), piccolo o grande che sia; ciò corrisponde al vero, ma non è
tutta la realtà. Lo squiggle game è uno strumento polivalente, prima di
tutto è un metodo per entrare in relazione con la persona che in quel
momento è nella stanza con noi, e per permettere lo sviluppo della
fiducia in questa relazione (terapeutica). Dopotutto, almeno all’inizio,
per il paziente (specialmente adolescente) noi siamo solo un altro
adulto; perché allora dovrebbe avere voglia di venire e raccontarci i
suoi problemi? Posto che sia consapevole di quali essi siano. Quindi,
ancor prima di lavorare sul materiale inconscio, è fondamentale che la
coppia paziente-terapeuta possa avere accesso al materiale
conscio/preconscio; quest’ultimo potrà essere portato dal paziente, e
visto col terapeuta, solo all’interno di una relazione di fiducia, che