Page 36 - Il vaso di Pandora XXII n.2 2014
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essere noi a iniziare a parlarne verbalmente. Il gioco de “l’impiccato” è
uno, succede che i pazienti ne propongano degli altri come ad esempio
la semplice associazione incrociata di parole (una parola io e una parola
tu), o il disegnare a turno qualcosa che l’altro deve indovinare facendo
domande e ricevendo suggerimenti.
Concludendo vogliamo sottolineare il ruolo fondamentale nel processo
psicoanalitico della reciprocità, che rende tanto il clinico quanto il
paziente partecipanti attivi dell’incontro. Ciò che emerge in seduta è
quindi sia una rappresentazione di qualcosa che una rappresentazione a
qualcuno, un qualcuno che con la sua presenza influisce in una certa
misura sulle dinamiche interne del soggetto, quindi anche sul materiale
che emerge nel corso dell’incontro. Quanto tracciato sul foglio
(scarabocchio, disegno, parole-chiave, ecc.) si situa a metà strada tra chi
disegna e chi osserva, in quella che Winnicott ha definito area
transizionale; ne deriva che esso e il suo potenziale significato
(l’esperienza comunicata tramite il medium grafico) non possono essere
dati per scontati. Da qui la necessità di mantenere un doppio sguardo:
38 uno alla soggettività del paziente (al suo esperire e a quanto presenta),
l’altro alla nostra personale risposta teorica e affettiva, consapevoli che
anche la nostra codificazione, rielaborazione, ricostruzione…
dell’esperienza contengono sempre l’Altro (Stefana & Gamba, 2013b,
2014). Allo stesso tempo quanto raffigurato nello spazio potenziale del
foglio di carta che sta tra noi e il paziente permette a quest’ultimo di
avvicinarsi alla realtà emotiva interna proiettata nello scarabocchio,
gioco dello scarabocchio che è meno minaccioso del colloquio in
quanto dietro al simbolismo del disegno si possono celare e lasciare
aperte molte cose (Günter, 2003); così, già per il fatto che le angosce
che animano il mondo interno del paziente trovano nel
disegno/scarabocchio/parola-chiave una forma (esterna), grazie alla
quale per di più possono essere condivise con un’altra persona,
risultano meno terrifiche per il Sé del paziente.
Winnicott ha creato una tecnica che, senza dubbio, era su sua misura;
ma può essere che a noi, o al nostro paziente, questa tecnica non calzi
uno, succede che i pazienti ne propongano degli altri come ad esempio
la semplice associazione incrociata di parole (una parola io e una parola
tu), o il disegnare a turno qualcosa che l’altro deve indovinare facendo
domande e ricevendo suggerimenti.
Concludendo vogliamo sottolineare il ruolo fondamentale nel processo
psicoanalitico della reciprocità, che rende tanto il clinico quanto il
paziente partecipanti attivi dell’incontro. Ciò che emerge in seduta è
quindi sia una rappresentazione di qualcosa che una rappresentazione a
qualcuno, un qualcuno che con la sua presenza influisce in una certa
misura sulle dinamiche interne del soggetto, quindi anche sul materiale
che emerge nel corso dell’incontro. Quanto tracciato sul foglio
(scarabocchio, disegno, parole-chiave, ecc.) si situa a metà strada tra chi
disegna e chi osserva, in quella che Winnicott ha definito area
transizionale; ne deriva che esso e il suo potenziale significato
(l’esperienza comunicata tramite il medium grafico) non possono essere
dati per scontati. Da qui la necessità di mantenere un doppio sguardo:
38 uno alla soggettività del paziente (al suo esperire e a quanto presenta),
l’altro alla nostra personale risposta teorica e affettiva, consapevoli che
anche la nostra codificazione, rielaborazione, ricostruzione…
dell’esperienza contengono sempre l’Altro (Stefana & Gamba, 2013b,
2014). Allo stesso tempo quanto raffigurato nello spazio potenziale del
foglio di carta che sta tra noi e il paziente permette a quest’ultimo di
avvicinarsi alla realtà emotiva interna proiettata nello scarabocchio,
gioco dello scarabocchio che è meno minaccioso del colloquio in
quanto dietro al simbolismo del disegno si possono celare e lasciare
aperte molte cose (Günter, 2003); così, già per il fatto che le angosce
che animano il mondo interno del paziente trovano nel
disegno/scarabocchio/parola-chiave una forma (esterna), grazie alla
quale per di più possono essere condivise con un’altra persona,
risultano meno terrifiche per il Sé del paziente.
Winnicott ha creato una tecnica che, senza dubbio, era su sua misura;
ma può essere che a noi, o al nostro paziente, questa tecnica non calzi