Page 51 - IL VASO DI PANDORA XXIV n. 1 2016
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capacità di tenere insieme il rigore della ricerca storica – molto opportuni i profili biografici dei componenti dell‟équipe e di Franca, moglie e partner preziosa nella costruzione del pensiero e della scrittura – s‟intreccia in modo fecondo con la capacità di riprendere le giuste citazioni e rendere il calore emotivo di un clima, il fascino di un‟atmosfera fatta di entusiasmo e trepidante senso di avventura e di rischio, ma anche di metodo, di uso critico dell‟intelligenza e di lavoro, tanto lavoro. Il lavoro che costituisce il “trucco” della riuscita delle esperienze di Gorizia e poi Trieste. E parlo di trucco perché non è detto che ciò che riuscì dove «il lavoro era al centro» dell‟esistenza di Basaglia (p. 21) e dei suoi, che lavoravano il doppio delle ore buttandoci la passione e la vita, e dove lo staff formale era potentemente affiancato da volontari e semivolontari che competevano per entusiasmo e alacrità, possa riuscire anche oggi in situazioni in cui gli operatori fanno onestamente la propria parte per il tempo pattuito (e già sappiamo che a volte non può essere dato per scontato), e si trovano spesso soli a farlo. E, forse, dobbiamo stupirci che in una 56 situazione così modificata sotto il profilo del rapporto con il proprio lavoro degli operatori e della disponibilità a farsi carico di bisogni altrui nella società, e in cui sono stati necessari tanti compromessi, le cose stiano andando, per così dire, sufficientemente bene. Ma ci sorprendiamo anche a chiederci a volte, mentre siamo con i nostri pazienti, come il loro destino e il decorso della malattia potrebbero essere diversi se fossimo riusciti, almeno in parte, a mantenere le condizioni di quel primo esperimento: forse chi lavora nella salute mentale dovrebbe rassegnarsi all‟idea che, perché la nuova psichiatria sprigioni tutte le sue potenzialità, metterci dentro solo il lavoro non basta. Basaglia era consapevole del peso della sua eredità, e scriveva nel settantasette: «Il progetto ipotizza una riforma sanitaria già democratica, una cultura democratica. Invece la gente è quella che è, i medici sono quelli che sono, gli ospedali pure» (cit. a p. 294). Se confrontiamo l‟Italia di oggi con quella di allora, la gente probabilmente è peggiore; i medici e gli ospedali non saprei. Ma il testo rende testimonianza di una generazione che ha fatto
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