Page 56 - IL VASO DI PANDORA XXIV n. 1 2016
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soprattutto inglese, dell‟antipsichiatria, rispetto al quale conobbe certo elementi di prossimità e unitarietà del contesto, ma al quale sarebbe sbagliato accorparlo anche evitando, come John propone (cap. 2), il restringimento semantico al quale il termine è andato incontro, finendo per corrispondere alla negazione della malattia mentale, e la connotazione (in parte immeritatamente) negativa che ha assunto. Credo che tra Basaglia e l‟antipsichiatria esistano profonde differenze di metodo e di obiettivo. Riguardo al metodo, John ricorda che a Ronald Laing che riteneva di poter collocare il suo esperimento comunitario fuori dal sistema, Basaglia obiettava “non esiste un fuori dal sistema” (pag. 93), e questo mi pare il solco invalicabile che li distingue. L‟obiettivo di gran parte dell‟antipsichiatria aveva poi a che fare con la libertà; quello di Basaglia, invece, era - come direbbe oggi il sociologo Etienne Balibar - connesso alla égaliberté, cioè l‟attenzione 11 contestuale a istanze di libertà e giustizia sociale (di “classe”). Ed esso si concretizzava quindi nell‟assumere a bersaglio l‟oggetto istituzionale concreto e storico rappresentato dal manicomio (i rapporti in esso 61 giocati e quelli che sarebbe stato necessario giocare per distruggerlo), molto più che oggetti più o meno astratti, filosofici o ideali, come sarebbero stati il sapere psichiatrico o addirittura il concetto di malattia mentale in se stesso. Un obiettivo politico e infondo anche “psichiatrico”, cioè di cura, dunque: chiudere il manicomio − cogliendo il duplice problema della condizione di miseria morale e materiale (il che spiega il riferimento insistito alla categoria della classe) dell‟internato − e mettere le persone che lo abitano in condizioni di poter fare una vita vera, cioè extraistituzionale, nella comunità disponendo delle risorse e dell‟assistenza necessarie. E ciò in tutta Italia, non solo in un reparto di manicomio trasformato in comunità aperta, o in un manicomio solo, e meno che mai, girando le spalle alla stragrande maggioranza degli internati, in uno spazio terapeutico altro, fuori dal manicomio, dal servizio pubblico e dal “sistema” come furono la Kingsley Hall di Laing e altre realtà sperimentate in quegli 11 Balibar E. (2010): La proposition de l’égaliberté, Paris, PUF.
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