Page 30 - IL VASO DI PANDORA XXIV n. 1 2016
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meno anche l‟idea di un “luogo” di lavoro, esponendo migliaia di lavoratori a un‟esperienza da homeless e a penosi vissuti di depersonalizzazione e di anonimato. Se questo è lo scenario della post-modernità con le sue organizzazioni, non sorprende che sia diventata una fucina di malessere e di culture malsane. Lo sanno bene i medici di famiglia e i pronti soccorsi, che sempre più spesso sono inondati da richieste d‟aiuto mascherate da sintomi fisici; lo constatano quotidianamente gli operatori della salute mentale, cimentati da “nuove patologie” più o meno direttamente collegate con situazioni di grave disagio sociale o problemi di sopravvivenza. Lo vivono i cittadini, che trovano sempre meno ascolto alle loro esigenze, sia nella collettività, ma anche da parte delle pubbliche amministrazioni e dei servizi alla persona, per non parlare degli operatori socio-sanitari, difesi dietro le loro tecnologie o assorbiti dalle preoccupazioni per il proprio futuro. Lo avvertono i lavoratori di ogni ordine e grado, che la tenaglia neo-taylorista obbliga a scegliere tra disoccupazione e lavori ad alto stress, bassa gratificazione e 32 partecipazione zero, sempre più consapevoli che le organizzazioni da cui dipendono non sono più delle “case madri”, ma piuttosto padri distratti e indifferenti, che dimenticano i bambini in auto sotto il sole, quando non genitori francamente maltrattanti ed abusanti . Conclusioni Il quadro fin qui delineato, con accenti volutamente catastrofici, intende soltanto proporre alla cultura socio-sanitaria di abbassare la soglia di attenzione e di allarme di fronte a processi e tendenze che troppo facilmente ci si rassegna a considerare condizioni inevitabili e persino necessarie della società contemporanea. Se i costi dello sviluppo, quelli somatici, quelli emotivi e quelli sociali, devono essere
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