Page 51 - Il vaso di Pandora XXII n.2 2014
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tanto. Come parla quando non interpreta, in quel suo somministrare 55
se stesso che è comunque il suo dire? Anche quando parla di fatti, il
fatto principale è la natura delle sue parole.
All’attitudine a sovvertire, destrutturare il discorso si abbina il
prenderne sul serio anche il contenuto manifesto. E, di pari passo, la
possibilità di interpretare in modo vivo va insieme a un parlare non
interpretativo che non smarrisca una sua propria pregnanza.
Credo che la semplicità sia il filo rosso che intesse il multiforme
avvicinarsi dell’analista, che rappresenti il comune denominatore tra
approcci anche molto diversi. Non una semplicità generica. Piuttosto
una semplicità risonante, che accolga in sé il senso della complessità,
che ne recepisca e ne esprima il respiro profondo. Che abbia presente il
“senso” dello stare insieme, soprattutto. O, perlomeno, che non lo
eluda attivamente e troppo spesso.
Quando questo assetto viene mantenuto, tutto il resto accade
spontaneamente. In fondo anche gli antichi la pensavano così, pur in
un altro contesto. Rem tene, verba sequentur, tieni il punto, le parole
verranno da sole, dicevano.
Delicatezza/coraggio
Quando la delicatezza e il coraggio vanno insieme, e appaiono essere le
due facce della stessa medaglia, di che cosa è fatta questa medaglia?
Credo che sia fatta principalmente di un materiale: il rispetto di sé. È
uno stato d’animo semplice e difficile nello stesso tempo (difficile da
vivere e difficile da concettualizzare), che tende a promuovere una forza
spontanea orientatrice. Una bussola che aiuta a governare la rotta per i
complessi problemi della vicinanza, della comprensione, della
rassicurazione (vera o falsa), dell’apertura al cambiamento, del non
subire (masochisticamente) la patologia del paziente senza prenderla a
pretesto per ribellarvisi ostilmente. Una bussola non direttamente
se stesso che è comunque il suo dire? Anche quando parla di fatti, il
fatto principale è la natura delle sue parole.
All’attitudine a sovvertire, destrutturare il discorso si abbina il
prenderne sul serio anche il contenuto manifesto. E, di pari passo, la
possibilità di interpretare in modo vivo va insieme a un parlare non
interpretativo che non smarrisca una sua propria pregnanza.
Credo che la semplicità sia il filo rosso che intesse il multiforme
avvicinarsi dell’analista, che rappresenti il comune denominatore tra
approcci anche molto diversi. Non una semplicità generica. Piuttosto
una semplicità risonante, che accolga in sé il senso della complessità,
che ne recepisca e ne esprima il respiro profondo. Che abbia presente il
“senso” dello stare insieme, soprattutto. O, perlomeno, che non lo
eluda attivamente e troppo spesso.
Quando questo assetto viene mantenuto, tutto il resto accade
spontaneamente. In fondo anche gli antichi la pensavano così, pur in
un altro contesto. Rem tene, verba sequentur, tieni il punto, le parole
verranno da sole, dicevano.
Delicatezza/coraggio
Quando la delicatezza e il coraggio vanno insieme, e appaiono essere le
due facce della stessa medaglia, di che cosa è fatta questa medaglia?
Credo che sia fatta principalmente di un materiale: il rispetto di sé. È
uno stato d’animo semplice e difficile nello stesso tempo (difficile da
vivere e difficile da concettualizzare), che tende a promuovere una forza
spontanea orientatrice. Una bussola che aiuta a governare la rotta per i
complessi problemi della vicinanza, della comprensione, della
rassicurazione (vera o falsa), dell’apertura al cambiamento, del non
subire (masochisticamente) la patologia del paziente senza prenderla a
pretesto per ribellarvisi ostilmente. Una bussola non direttamente