Page 50 - Il vaso di Pandora XXII n.2 2014
P. 50
fragili, e viene lì per realizzare un incontro e per andare da qualche
parte. Questa percorribilità interiore può porre le premesse per una
vicinanza duttile, con una molteplicità di identificazioni alternanti che
aiutano a realizzare un incontro più profondo e vero, più radicalmente
vicino alle risorse della propria umanità. Un’umanità complessa, e
insieme attenta al rapporto tra accoglimento e proposta, tra ricevere e
dare, tra identificazione e disidentificazione. Può prendere vita
un’esperienza di mobilità, che implichi la disponibilità al rinunciare
insieme a quella del proporre, al sentirsi fino in fondo sulla stessa barca
col paziente e nel contempo non abbandonare la guida, fino in fondo
eguagliati nella pari umanità e differenziati nel compito analitico. La
grande scommessa è realizzare il massimo di vicinanza con il minimo
di confusione.
Parlare/interpretare
54 Parole/fatti
Semplicità/complessità
Conscio/inconscio
L’analisi è una cura di parole: una talking cure, secondo la dizione
classica. Parole che coinvolgono emozioni, affetti, significati, relazioni.
Come si esprime l’analista? Se ci poniamo questa domanda ci
interroghiamo sia sul suo modo di parlare, sia – soprattutto – su come
manifesta, mette in gioco se stesso. Sento di condividere, in linea di
massima, i motivi che portano la Riesemberg (1986) a usare un
linguaggio interpretativo diretto, ordinario, piuttosto che simbolico in
termini corporei: quest’ultimo usa parole ripetitive, su cui si ritiene ci
sia una comprensione condivisa, ma prive del carattere di specificità di
quel momento della seduta, è un linguaggio artificiale aperto
all’idealizzazione, configura l’analisi come un “parlare intorno’’
piuttosto che un “fare esperienza”. Ma l’analista non interpreta
parte. Questa percorribilità interiore può porre le premesse per una
vicinanza duttile, con una molteplicità di identificazioni alternanti che
aiutano a realizzare un incontro più profondo e vero, più radicalmente
vicino alle risorse della propria umanità. Un’umanità complessa, e
insieme attenta al rapporto tra accoglimento e proposta, tra ricevere e
dare, tra identificazione e disidentificazione. Può prendere vita
un’esperienza di mobilità, che implichi la disponibilità al rinunciare
insieme a quella del proporre, al sentirsi fino in fondo sulla stessa barca
col paziente e nel contempo non abbandonare la guida, fino in fondo
eguagliati nella pari umanità e differenziati nel compito analitico. La
grande scommessa è realizzare il massimo di vicinanza con il minimo
di confusione.
Parlare/interpretare
54 Parole/fatti
Semplicità/complessità
Conscio/inconscio
L’analisi è una cura di parole: una talking cure, secondo la dizione
classica. Parole che coinvolgono emozioni, affetti, significati, relazioni.
Come si esprime l’analista? Se ci poniamo questa domanda ci
interroghiamo sia sul suo modo di parlare, sia – soprattutto – su come
manifesta, mette in gioco se stesso. Sento di condividere, in linea di
massima, i motivi che portano la Riesemberg (1986) a usare un
linguaggio interpretativo diretto, ordinario, piuttosto che simbolico in
termini corporei: quest’ultimo usa parole ripetitive, su cui si ritiene ci
sia una comprensione condivisa, ma prive del carattere di specificità di
quel momento della seduta, è un linguaggio artificiale aperto
all’idealizzazione, configura l’analisi come un “parlare intorno’’
piuttosto che un “fare esperienza”. Ma l’analista non interpreta