Page 12 - Il vaso di Pandora XXII n.2 2014
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sogni avuti durante la notte e si era chiesto quale significato avessero
queste immagini oniriche, che durante il sonno popolano la mente di
ogni persona. Va sottolineato come Freud stesso fosse un buon
sognatore e come già anni prima avesse, per un certo periodo, preso
regolarmente nota dei propri sogni. Come è noto, questo interesse e
questi interrogativi sfociarono nella realizzazione e pubblicazione de
L’interpretazione dei sogni (Freud, 1899), opera alla quale è possibile far
risalire, convenzionalmente, la nascita della psicoanalisi. Per il Maestro
viennese i sogni sono manifestazioni del processo primario, e
attraverso essi è possibile esplorare l’inconscio. Più precisamente, a
partire dal contenuto onirico manifesto, grazie alle libere associazioni
del paziente, è possibile giungere al significato latente. Freud si rese
anche conto che esistevano elementi (uguali per tutte le persone) sui
quali i pazienti non riuscivano ad associare; giunse a ritenere tali
elementi dei simboli, risultato di un processo primario che, tramite lo
spostamento, riesce a superare la censura onirica e a scaricare la
tensione psichica. A fronte di una moltitudine di simboli, alcuni dei
14 quali universali, individuò una quantità limitata di elementi simbolizzati:
sensazioni, parti del corpo e oggetti primari.
I sogni furono un elemento fondamentale anche per l’autoanalisi di
Carl G. Jung (1961), esperienza che copre l’arco degli anni che vanno
dal 1913 al 1919, consistente nel liberare e lasciare emergere in
coscienze le fantasie inconsce. Per raggiungere tale scopo Jung
ricorreva a delle tecniche di introversione riconducibili al metodo
dell’immaginazione attiva: una consisteva nel raccontarsi una storia e
nello scrivere tutto quanto veniva in mente relativamente ad essa; l’altra
prevedeva lo scrivere e il disegnare ogni sogno del quale si aveva
memoria al risveglio. Se ne deduce che per Jung i disegni siano utili
metodi per rappresentare graficamente le immagini simboliche non
verbali. Tali tecniche furono adottate da Jung anche nel lavoro con i
suoi pazienti: «Ma perché mai incoraggio i pazienti giunti a un
determinato stadio del loro sviluppo a esprimersi mediante il pennello,
la matita o la penna? (...)» (Jung, 1929, p. 56). Lo scopo qui è lo stesso
queste immagini oniriche, che durante il sonno popolano la mente di
ogni persona. Va sottolineato come Freud stesso fosse un buon
sognatore e come già anni prima avesse, per un certo periodo, preso
regolarmente nota dei propri sogni. Come è noto, questo interesse e
questi interrogativi sfociarono nella realizzazione e pubblicazione de
L’interpretazione dei sogni (Freud, 1899), opera alla quale è possibile far
risalire, convenzionalmente, la nascita della psicoanalisi. Per il Maestro
viennese i sogni sono manifestazioni del processo primario, e
attraverso essi è possibile esplorare l’inconscio. Più precisamente, a
partire dal contenuto onirico manifesto, grazie alle libere associazioni
del paziente, è possibile giungere al significato latente. Freud si rese
anche conto che esistevano elementi (uguali per tutte le persone) sui
quali i pazienti non riuscivano ad associare; giunse a ritenere tali
elementi dei simboli, risultato di un processo primario che, tramite lo
spostamento, riesce a superare la censura onirica e a scaricare la
tensione psichica. A fronte di una moltitudine di simboli, alcuni dei
14 quali universali, individuò una quantità limitata di elementi simbolizzati:
sensazioni, parti del corpo e oggetti primari.
I sogni furono un elemento fondamentale anche per l’autoanalisi di
Carl G. Jung (1961), esperienza che copre l’arco degli anni che vanno
dal 1913 al 1919, consistente nel liberare e lasciare emergere in
coscienze le fantasie inconsce. Per raggiungere tale scopo Jung
ricorreva a delle tecniche di introversione riconducibili al metodo
dell’immaginazione attiva: una consisteva nel raccontarsi una storia e
nello scrivere tutto quanto veniva in mente relativamente ad essa; l’altra
prevedeva lo scrivere e il disegnare ogni sogno del quale si aveva
memoria al risveglio. Se ne deduce che per Jung i disegni siano utili
metodi per rappresentare graficamente le immagini simboliche non
verbali. Tali tecniche furono adottate da Jung anche nel lavoro con i
suoi pazienti: «Ma perché mai incoraggio i pazienti giunti a un
determinato stadio del loro sviluppo a esprimersi mediante il pennello,
la matita o la penna? (...)» (Jung, 1929, p. 56). Lo scopo qui è lo stesso