Page 14 - IL VASO DI PANDORA XXIV n. 1 2016
P. 14
ed economicità nel perseguimento dei suoi obiettivi. Un‟impresa veniva definita “sana” quando produceva merci o servizi di buona qualità e profitti adeguati per la proprietà e per gli azionisti, mantenendo una posizione solida sul mercato e mostrandosi in grado di adattarsi ai cambiamenti. La sociologia, la medicina e la psicologia del lavoro, anche dopo il tramonto del taylorismo più rampante, hanno studiato il fattore umano più sul versante delle politiche del personale, delle gestione delle risorse umane, della leadership, dei sistemi premianti, retributivi e di carriera, dell‟organizzazione del lavoro, del reclutamento e della valutazione delle performance, e invece assai meno dal punto di vista della “salubrità” o della “tossicità” dei luoghi di lavoro, se si eccettua l‟area abbastanza scontata della prevenzione dei rischi, degli infortuni e delle malattie professionali. Una dimensione cruciale, che la ricerca dovrebbe ulteriormente approfondire, ci sembra la distinzione tra salute e salubrità. L‟esistenza di organizzazioni insalubri, che fanno ammalare le persone che ci vivono e ci lavorano, è abbastanza ben documentata sotto il profilo 16 delle noxae patogene, dai rumori alle polveri, alle sostanze tossiche e, sia pure in termini ancora alquanto vaghi e problematici, allo stress e alle cause di malessere. La stessa cosa si può dire per le fonti di rischio e di incidente. Il discorso dell‟insalubrità ha a che fare con una visione del lavoro tradizionale e relativamente semplificata: come anche Freud sottolineava, il lavoro è sia una necessità di ordine pratico e un obbligo sociale, sia un‟esigenza psicologica. Mentre la prima risponde agli imperativi della realtà esterna, che si vorrebbero eludere, la seconda emerge da bisogni provenienti dal mondo interno, che premono per essere appagati. I lavori tossici, pericolosi, frustranti, malpagati in fondo non fanno altro che alzare il prezzo di un conflitto già radicato nella profondità dell‟uomo, per cui il lavoro è da un lato una detestabile condanna, ma dall‟altro è anche ciò che individua l’homo faber e ne supporta il sentimento d‟identità e di valore personale.