Page 10 - Il Vaso di Pandora XXI n.2 2013
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meglio un trattamento che recepisca in modo eclettico elementi di
queste tre modalità terapeutiche, come cercherò di esemplificare nella
seconda vignetta clinica dove utilizzo la psicoterapia breve ad
orientamento analitico di Davanloo (1980) e Malan (1979), modificata.

L’ipotesi allora che svilupperò in questo lavoro è che un intervento
integrato possa influenzare positivamente le modificazioni biologiche e
psicopatologiche persistenti della depressione cronica e/o ricorrente.



Il pensiero di Glen Gabbard: alcune riflessioni sulle interazioni
tra trattamenti farmacologici e psicoterapici

Glen Gabbard (1994) premette l’importanza della componente
biologica dei disturbi affettivi, legata soprattutto a: 1) fattori genetici; 2)
neurobiochimici. Tuttavia, sulla base di molti studi e soprattutto di uno
studio, ormai vecchio, sul trattamento della depressione (Elkin, 1989) 13
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Gabbard evidenzia come il placebo e la sola gestione clinica diano
scarsi risultati nei tempi medio/lunghi (non bastano 8-12 settimane per
la valutazione clinica come avviene invece in tanti studi
“pseudoscientifici”) mentre l’integrazione di psicofarmacoterapia,
gestione clinica e trattamento psicoterapico – per lui soprattutto la
Psicoterapia Interpersonale – siano decisamente più efficaci.
Ciò che prima era intuibile e confermato dall’esperienza, oggi risulta
comprensibile scientificamente alla luce di quello che sempre più
conosciamo sulle interconnessioni continue tra
ambiente/cervello/mente (studi di neuroimaging, teorie
dell’attaccamento, teorie sul trauma). Abbiamo così maggiori possibilità
di verificare le ricadute – a questi tre livelli – che i nostri interventi
possono o non possono avere.
Ad esempio: la dimensione psicologica di un disturbo depressivo può
risentire positivamente di trattamento psicofarmacologico, così come

1 Elkin et al. (1989): Archivio Generale Psichiatrico, 46: 971-982.







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