Page 6 - Il vaso di Pandora XXII n.2 2014
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toriale 7
Mi è subito parso molto arduo rendere onore al lavoro appassionato degli Autori,
al quale non saprei aggiungere nulla che non sia di troppo. Gli articoli presentati
assieme, immagino non casualmente, mi pare si occupino, sia pur da vertici e con
tecniche dissimili, del problema centrale della conoscenza dell’umano e perciò della
terapia: la comunicazione, i suoi modi, la sua decifrazione.
Stefana e Manfredi ce ne parlano a partire dal segno, dalla sua più diretta potenza
comunicativa, maggiormente svincolata dai lacci delle difese e della rimozione. Gli
Autori ci propongono l’evoluzione di una tecnica straordinariamente efficace ad
avviare una relazione libera e non invasiva col bambino e con l’adolescente e fornire,
al tempo stesso, uno spazio di contenimento, un setting, in grado di fornire holding e
reciprocità. La comunicazione passa attraverso il disegno letto, al pari del sogno,
quale manifestazione del processo primario e mezzo per esplorare l’inconscio. Ci
conducono, quindi, attraverso la storia dello squiggle game (gioco dello scarabocchio),
ideato da Donald Winnicott e ai suoi nobili tributi da parte dei padri della
psicoanalisi. Percorriamo grazie a loro la storia: dall’opera fondante de
L’interpretazione dei sogni di Freud, ove il sogno è un tramite per entrare in
contatto ed esplorare l’inconscio; alle tecniche di introversione e di immaginazione
attiva di Jung, che prevedevano lo scrivere e il disegnare quali metodi per
rappresentare le immagini simboliche non verbali; all’utilizzo del gioco da parte di
Melanie Klein, che assimila il disegno del bambino al sogno dell’adulto come
manifestazione del mondo interno; al surrealismo con la sua tensione
all’automatismo psichico, quale mezzo di espressione del pensiero al di fuori del
controllo della ragione; al contributo di Marion Milner con i disegni liberi, quali
veicoli di comunicazione di affetti e pensieri consci e inconsci.
La tecnica dello scarabocchio è stata pensata da Winnicott come invito a giocare,
svincolata da regole precise perché «è nel giocare e soltanto mentre gioca che
l’individuo, bambino o adulto, è in grado di essere creativo e di fare uso dell’intera
personalità, ed è solo nell’essere creativo che l’individuo scopre il sé». Si tratta
quindi di uno strumento per avviare una comunicazione profonda “passando
dall’associazione libera della parola a quella del disegno”. Ma anche di favorire e
Mi è subito parso molto arduo rendere onore al lavoro appassionato degli Autori,
al quale non saprei aggiungere nulla che non sia di troppo. Gli articoli presentati
assieme, immagino non casualmente, mi pare si occupino, sia pur da vertici e con
tecniche dissimili, del problema centrale della conoscenza dell’umano e perciò della
terapia: la comunicazione, i suoi modi, la sua decifrazione.
Stefana e Manfredi ce ne parlano a partire dal segno, dalla sua più diretta potenza
comunicativa, maggiormente svincolata dai lacci delle difese e della rimozione. Gli
Autori ci propongono l’evoluzione di una tecnica straordinariamente efficace ad
avviare una relazione libera e non invasiva col bambino e con l’adolescente e fornire,
al tempo stesso, uno spazio di contenimento, un setting, in grado di fornire holding e
reciprocità. La comunicazione passa attraverso il disegno letto, al pari del sogno,
quale manifestazione del processo primario e mezzo per esplorare l’inconscio. Ci
conducono, quindi, attraverso la storia dello squiggle game (gioco dello scarabocchio),
ideato da Donald Winnicott e ai suoi nobili tributi da parte dei padri della
psicoanalisi. Percorriamo grazie a loro la storia: dall’opera fondante de
L’interpretazione dei sogni di Freud, ove il sogno è un tramite per entrare in
contatto ed esplorare l’inconscio; alle tecniche di introversione e di immaginazione
attiva di Jung, che prevedevano lo scrivere e il disegnare quali metodi per
rappresentare le immagini simboliche non verbali; all’utilizzo del gioco da parte di
Melanie Klein, che assimila il disegno del bambino al sogno dell’adulto come
manifestazione del mondo interno; al surrealismo con la sua tensione
all’automatismo psichico, quale mezzo di espressione del pensiero al di fuori del
controllo della ragione; al contributo di Marion Milner con i disegni liberi, quali
veicoli di comunicazione di affetti e pensieri consci e inconsci.
La tecnica dello scarabocchio è stata pensata da Winnicott come invito a giocare,
svincolata da regole precise perché «è nel giocare e soltanto mentre gioca che
l’individuo, bambino o adulto, è in grado di essere creativo e di fare uso dell’intera
personalità, ed è solo nell’essere creativo che l’individuo scopre il sé». Si tratta
quindi di uno strumento per avviare una comunicazione profonda “passando
dall’associazione libera della parola a quella del disegno”. Ma anche di favorire e