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180: vent’anni dopo

180: vent’anni dopo

 

1998 Edizioni La Redancia
COD: R010
€ 10,33



Introduzione di Dr. Giovanni Giusto (Presidente Nazionale  FENASCOP)

La pubblicazione degli Atti della Giornata di Studio organizzata dalla C. T. Redancia a Varazze per conto della FENASCOP, rap­presenta il segno di uno sforzo comune di riflessione su temi inerenti la residenzialità in campo psichiatrico e sul significato del gruppo in tale ambito.
L’impegno profuso nella organizzazione ed i contributi dei colleghi di altre comunità ci confortano e ci inducono a credere che un continuo aggiornamento condiviso e derivante dal con­fronto con realtà a volte simili ed a volte diverse, da solo è in grado di produrre quella cultura di comunità che in ambito ita­liano è ancora carente pur disponendo di opportunità che altri paesi non hanno; ad esempio una delle leggi più illuminate in materia.
L’impegno delle Comunità Redancia per come le ho pensate è rivolto soprattutto al territorio e cioè alla possibilità reale di rap­presentare per l’ospite una soluzione di necessaria intermediarietà anche in fasi successive e via via più autonome: dalla comunità riabilitativa a quella terapeutica all’alloggio protetto. 
Guardiamo con preoccupazione e sospetto i tentativi di defi­nire aprioristicamente il concetto di cronicità ed il voler creare contenitori per gruppi omogenei di problemi; in questo senso le future R.S.A. psichiatriche diventerebbero contenitori devitalizzati di fallimenti terapeutici con costi sociali ed umani ben più alti di quelli che un semplice conto economico potrebbe rilevare. Direi quindi che servirebbero di più ai terapeuti o presunti tali ed ai parenti per ottenere quella tranquillità, forse anche umana­mente comprensibile, che deriva dal non dovere Fare sforzi di fantasia per individuare i veri bisogni del cliente e per dare loro una risposta adeguata.
Sottolineo il concetto di devitalizzazione che si contrappone in modo evidente con quello comunitario di buon clima di gruppo, di animazione interna, di attivazione della comunicazione.
Prendo in prestito una frase di Petrella che spiega bene quel­lo che penso: «al di là di tecniche e modelli eterogenei impiega­ti, la riabilitazione sembra agire non tanto perché interviene su “un difetto” dei pazienti, quanto perché essi vengono inseriti in un circuito di interessi e di desiderio: e ciò a onta delle istanze distruttive che quasi sempre hanno caratterizzato il loro sviluppo, ostacolandolo o rendendolo altamente disarmonico».